15 aprile 2007

Verso un mondo migliore

In un luogo oscuro e non ben precisato, due voci complottano nell’ombra:
- Comandante, come facciamo? È la più grande minaccia dai tempi dello Svitol.
- Non ti preoccupare, riusciremo a venir fuori anche da questo.
- Ma si rende conto? Stanno attaccando il nostro territorio, dovevano solo chiudere e invece adesso uniscono… uniscono!
- Ho già la soluzione: leggi questo. È la storia di Lucky, l’ho trovata sul Messaggero di qualche settimana fa.
E dicendo questo allunga un pezzetto di carta strappata da un giornale.

Salve. Sono un lucchetto. Uno di quelli piccolini, dorati. Un lucchettino senza tante pretese. Mi chiamo Lucky. Puoi pronunciarlo sia all’italiana con la “u” che all’inglese, perché sì, mi sento fortunato. Direi che vado bene indifferentemente sia per un armadietto della piscina o un mobiletto da ufficio ma anche come lucchetto a catena della bicicletta. Ah, certo, anche per chiudere un diario segreto. Però mi dicono che quelli ormai sono un po’ rari, che ci sono i blog, e allora per quel ruolo non mi candido. Mi piace, il mio compito. Molti dicono che servo a chiudere. A me invece piace pensare che unisco le cose, due estremità che altrimenti non sarebbero mai vicine. Mi trovo da qualche tempo in una mesticheria del centro di Roma. Sto qui, appeso insieme agli altri lucchetti, tutti di diverse misure e qualità. Ci sono quelli rettangolari anti corrosione, quelli blindati, quelli incamiciati e i supertecnologici in acciaio, roba avanzatissima, quasi da supereroi: trattamento in nichelatura chimica, sfere di bloccaggio, arco in acciaio carbo-nitrurato. Mica come me. Io sono a cilindro, d’ottone e piccolino. Un lucchettino rassicurante. Ma non ho mai sofferto di complessi d’inferiorità, anzi. Vado orgoglioso di far parte della grande famiglia dei lucchetti. Insomma, sto qui e ovviamente ho fatto amicizia con gli altri. Ci raccontiamo sogni ed aspirazioni: cosa ci piacerebbe unire ed anche, perché no, con quale armadietto o catena ci piacerebbe fidanzarci. Perché a forza di unirti alle cose, prima o poi te ne innamori. Ogni tanto qualcuno se ne va, venduto, e ci dispiace, certo, ma siamo anche felici per lui: la sua vita inizia ad avere un senso, sarà utile a qualcuno. L’altro giorno, però è successa una cosa che sta sconvolgendo quella che credevo essere la mia identità di “unitore di estremità”. Un lucchetto come me, riportato al negozio perché un po’ difettoso, ci ha raccontato che là fuori, per qualcuno, non siamo solo lucchetti ma simboli d’amore. Cioè io potrei diventare un custode d’amore? Potrei unire due cuori? Ma è bellissimo… mi venite a comprare, per favore?

- Ma... ma… ma non fa altro che avvalorare le loro sporche tesi evoluzioniste, come può aiutarci un racconto del genere?! Li erge addirittura a simulacri!
- Tu non capisci. Ciclostilalo, fotocopialo, bloggalo… Insomma devi diffonderlo.
E sul suo volto una delle increspature tende a prendere una piega deforme, dipingendogli un sorriso maligno: “Li affogheremo tutti”.