18 marzo 2011

Metro a metro

Marco urla. Grida concitate che si sovrappongono ad ordini secchi mischiati al crepitio delle armi automatiche, alle esplosioni e ai colpi di energia che tagliano l'aria veloci come folgori: quando si sente lo sparo è sempre troppo tardi. Luci, grida, suoni, sensazioni. Una cacofonia cromatica che si presenta sotto gli occhi dei pochi sopravvissuti. Marco urla più forte e tutti gli altri finalmente ascoltano muti, cominciando a seguire gli ordini si sparpagliano sul terreno come fosse il campo di calcetto dell'oratorio, ognuno in posizione. D'improvviso cala il silenzio come se la battaglia fosse finita. O come se il peggio dovesse ancora arrivare. Muscoli tesi, labbra serrate, occhi che frugano nel panorama cercando segni nel terreno. Qualcosa si muove nel terreno e l'ordine arriva in un sussurro, implacabile e inevitabile <<ora!>>. Tutti scattano in contemporanea, imbracciando le armi e cominciando a sparare. Concentrano il fuoco in quello che sembra un guyser di fango che smuove il terreno con una ruspa che scava dal centro della terra, o come uno zombie dei film di Romero solo dieci volte più grande. Dall'alto lo spettacolo di linee di fuoco e di fiamme che si intrecciano in unico punto renderebbero fiero ogni dio del caos, mentre giusto un cartografo ubriaco riuscirebbe a guardare lo spettacolo transformandosi di colpo in un ermeneuta; per tutti gli altri ci sarebbe solo il fascino della distruzione in movimento. Istanti che scorrono via lenti come del miele pigro nelle colazioni di inverno. Il terreno si blocca, la forza misteriosa che scava la sua via di fuga sembra non esserci più.
<<Fermi! - arriva diretto nelle orecchie di tutti che smettono di sparare - Dobbiamo controllare che il tank sia morto sul serio>>,
<<Ci penso io>> chiosa Leo,
<<Oh io devo andare: c'ho il cinema>> aggiunge d'impovviso una terza voce.
<<Ma scusa ho detto a tutti fino alle 8 e tu vai via un'ora prima? Sempre il solito>> Aggiunge Marco con una voce mista di rimprovero e di condiscendenza.
<<Giuro la prossima volta, ma oggi l'ho promesso a Irene e quella lo sai che mi spezza le gambe se le do buca>>.
<<Va be' ragazzi salvo tutto e ricominciamo da qui ma ricordatevi l'equipaggiamento eh>> e un coro di saluti si mischia nelle cuffie finché sullo schermo il menù lascia lo spazio alla scritta
QUITTING...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ben scritto, complimenti!

Tutta Fuffa ha detto...

Non c'avevo un commento dalla primavera dell'87, quindi incasso con gioia e sull'onda emozionale mi permetto anche di eliminare le ridondanze e le blackberricate.

Ruggero ha detto...

cavolo: ero convinto fosse un fantastico racconto di un episodio (vero o di fantasia) sulla resistenza... mi ha spezzato le gambe.
Parte prima 10+
Parte seconda... non lo so: non l'ho ancora digerita